lunedì 12 maggio 2008

emigrante per vocazione

Parlo tre lingue. Tre, compreso l'italiano, che non è cosa da sottovalutare perchè ormai in giro c'è poca gente che lo parla come si deve. Ho (quasi) una laurea. Utilizzo il ocmputer come un utente avanzato, sa far funzionare software di tutti i tipi e, a differenza di molti, so davvero navigare in rete. Ho viaggiato in lungo e in largo, ho preso aerei e dormito ovunque capitasse.

Mi aspettavo che il mio paese mi desse una pacca sulla spalla e mi dicess: "Bravo. Tu sei uno dei migliori prodotti della nostra sacra Nazione. Se fossimo in guerra ti manderemmo a fare il tenentino e ti daremmo un plotone. Siccome nessuno si prende loa briga di dichiararci guerra, siamo in pace, per cui ti affidiamo la dirigenza di qualcosa. Perchè tu lo meriti".

Sono un coglione.
Il mio paese non sa che farsene di me. Era meglio se dopo la terza media mi dedicavo ad altro, tipo, chessò, a giocare a pallone. A diciotto anni avrei preso la patente e avrei iniziato a fare il rappresentante, spaccandomi il culo per comprare ogni anno una macchina più grossa con cui andare da una parte all'altra dell'autostrada, tutti i giorni della mia vita, come in un girone dantesco. Non avrei nemmeno saputo cos'è un girone dantesco, quindi il problema non si sarebbe posto.

Ora devo emigrare. Qui non c'è posto per me. Aprirò una web-tv, o pubblicherò qualche splatter digital comedy online. Farò il twitter-reporter. Ma altrove, non qui.

Questa si che è vita.

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